

Arriviamo a Barcellona dopo 15 ore di treno notturno da La Coruña. Il pensiero che fra 24 ore sarò di nuovo in Italia, dopo un mese di viaggio, mi intristisce un po’. Col mio amico e compagno di viaggio Giacomo, lasciamo gli enormi zaini che ci accompagnano nelle cassette di sicurezza alla stazione degli autobus, per immergerci nel caldo afoso catalano di metà agosto.
La giornata passa lenta ma piacevole. Vediamo parchi e monumenti, cerco di godermi quest’ultimo giorno, ma la testa vaga continuamente nei giorni passati, in questo mese così diverso da tutti gli altri vissuti finora. Sono di nuovo in una città piena di italiani che mi fanno vergognare un po’. Ho visto Barcellona solo di sfuggita, da piccolo in un viaggio familiare, sotto la pioggia. Giacomo invece la conosce meglio e mi fa da guida.

Un pub che sembra un bosco fatato, un frullato di frutta fresca al caoticissimo mercato, mimi e giocolieri sulla rambla che ci conduce al porto. Cerchiamo il famoso Parco Güell, ma prima di trovarlo finiamo in un altro piccolo parco in cui la gente va in canoa in una piscina. Qualche foto turistica classica con le opere di Gaudì, prima di tornare verso il centro, stravolti dal caldo e dal sonno arretrato.

Consumiamo la nostra ultima cena in vero stile barboneggiante, con un pollo arrosto del supermercato mangiato su una panchina. Poi cerchiamo il locale dove sappiamo che ci sarà una serata del Couchsurfing: l’ideale per passare la notte senza spendere in attesa dell’autobus all’alba per l’aeroporto. La gente che c’è stasera però non sembra il massimo, quindi ci mettiamo un po’ ad ambientarci. Poi qualcuno propone di spostarsi dove dovrebbe esserci una festa. Arriviamo in una piazza piena di gente, siamo un gruppo eterogeneo di tante nazionalità: noi gli unici italiani, oltre a una milanese mediocre un po’ acida che se la tira come fosse miss universo. Un ragazzo francese ha imparato qualche modo di dire in italiano e ne fa sfoggio per sfotterla.

Un vicolo chiuso senza sfondo ospita un concerto. Valanghe di persone si ammassano per ballare nella viuzza accaldata. Usciamo dalla folla e troviamo 3 giocolieri. Una di loro è una ragazza che balla dentro a un grande cerchio contorcendosi come fosse di gomma. È ipnotica.
Parlo con Giacomo mentre attraversiamo la città nel buio della notte. Riparliamo degli ultimi giorni, di queste due settimane insieme, delle persone conosciute che forse non rivedremo mai, dei posti visti in cui speriamo di tornare insieme, magari portando future ragazze a rivederli con noi. Sono tante le esperienze che mi porto nello zaino del ritorno. Tanti sono i volti e i paesaggi che spero di poter ritrovare, ma ancor di più sono le strade che ancora devo percorrere. Penso a questo, dando un ultimo sguardo indietro e poi alzando gli occhi al cielo albeggiante, quando salgo sulla scaletta dell’aereo.
Andrea Cuminatto

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