Ti saluta, sempre. Magari non ti conosce, magari ti ha intravisto solo un paio di volte e non ricorda il tuo nome, ma ti dà il buongiorno, sempre. Se c’è il sole ti fa notare la bellezza della giornata, se piove coglie il positivo dell’odore dell’aria e porta con il suo entusiasmo un raggio di sole nella stanza. Regista teatrale, assistente del maestro Orazio Costa, regista assistente al Maggio Musicale Fiorentino, fondatore della Scuola dell’attore. Definito dai suoi ex allievi “visionario concreto”. Era il 1978 quando Paolo Coccheri cambiò la sua vita e iniziò a cambiare quella di tanti altri.
Era la settimana di Natale e giravo per le strade di Firenze in cerca degli ultimi regali. Avevo 42 anni. In una vetrina vidi il libro “Giorgio La Pira. Cose viste e vissute”. In questo libro scoprii che il “sindaco santo” aveva inventato la “messa del povero”. Qui Paolo scopre un mondo molto diverso da quello a cui era abituato, dall’arrivismo del teatro. All’uscita di quella messa trova persone che la sera non hanno la cena, donne che hanno perso il marito e si trovano sole, anziani senza corrente in casa perché non possono pagare la bolletta.
Stavo collezionando stupidità, afferma Paolo in una vecchia intervista. Girava con un’auto costosa ed era socio al contempo del circolo del tennis, di quello del golf e di quello dei canottieri. Mi sembrava di essere importante, ma non c’era gioia.
Le colazioni della solidarietà sono la prima opera sociale che Paolo fonda dopo la scelta di cambiare vita. Ancora adesso in diverse città tanti volontari, soprattutto giovani universitari, scendono in strada per portare la colazione a chi è abbandonato. Quando chiesi ad Enzo Biagi “Cosa ne pensa dell’insegnamento di oggi”, lui mi rispose “Paolo, non ci sono insegnamenti, solo esempi”. E con gli ultimi la condivisione: dividere con loro, cioè interrompere la barriera fra benefattore e beneficiario. Loro me l’hanno detto. Mi hanno detto “Che bello, tu mangi con noi, ti vesti come noi”.
Nel 1993 arrivano le ronde della carità. Noi andiamo a cercare chi ha bisogno nei luoghi in cui sono costretti a vivere, spiega Paolo con fermezza. Tutte le sere un gruppo di volontari si munisce di panini, bevande calde, coperte e vestiti, e cercano. Cercano giovani, cercano anziani, cercano chi, in città, non ha un tetto se non quello fornito da un ponte o da una pensilina di stazione ferroviaria. Nel nostro giro incontriamo tante persone desiderose del nostro aiuto alimentare, o di vestiario, ma soprattutto del dialogo, della nostra compagnia.
Cacciatori di briciole, Volontari di strada, sono tanti i gruppi che l’ormai quasi ottantenne fiorentino fonda nella sua città e a giro per l’Italia. Ma Firenze lo riconosce soprattutto per quelli che ha denominato “Florence Angels”, gli angeli della città. Sono tanti, sono diversi fra loro per classe sociale, religione, parte politica, ma hanno una cosa in comune: vogliono portare difesa e soccorso ai più deboli ed emarginati. Essere bisognosi a Firenze – come nel resto del mondo – non significa solo vivere per strada. C’è una famiglia che non ha i soldi per fare piccoli lavori di muratura, di idraulica, e c’è qualcuno che ne ha le capacità e può aiutarli. Ci sono un disabile e un non vedente che non riescono a compiere le commissioni quotidiane perché la città non è attrezzata per loro, e c’è qualcuno che può accompagnarli. C’è un’anziana signora che viene derubata se va a ritirare la pensione da sola, e c’è chi può scortarla all’ufficio postale. Paolo e i suoi Florence Angels sono questo, gli angeli custodi di tutti e di ciascuno.
Andrea Cuminatto