Giorgio La Pira disse che la città di Firenze, con le sue bellezze storiche, artistiche e architettoniche non è nostra, ma dei nostri figli e nipoti. Per questo si impegnò perché risorgesse a pieno dopo la guerra e per questo ci lasciò il mandato di conservarla nel suo splendore.
Forse non è un caso che proprio a Firenze siano nati, ormai da quasi 5 anni, gli Angeli del Bello. Sono tanti, a volte si vedono, a volte no. La Fondazione ne conta ad oggi 1800, ma tanti seguono il loro esempio senza farlo in modo ufficiale. Una scritta su un muro, un giardino pubblico mal tenuto, una piazza decadente. Ogni giorno giovani e anziani, uno studente e un impiegata comunale, una cassiera e un direttore d’azienda, mettono da parte il loro ruolo nella società per assumerne un altro. E così si formano gruppi di volontari che con la casacca arancione, armati di spugne e detergenti, di rastrelli e vernici, danno nuova vita ad un pezzo di città.
E così quel muretto dove si sedevano i giovani del quartiere di periferia smette di essere una discarica. Una mamma può di nuovo portare i figli sul prato dei giardini pubblici che fino al giorno prima erano sporchi e pericolosi. Un anziano signore può alzare gli occhi alla parete del suo palazzo e sorridere, vedendola finalmente priva di scritte indecenti.
L’amore per Firenze, la voglia di mettersi in gioco. Fare azioni concrete per la città. Essere sulla strada. Riconoscibili. Punto di riferimento certo. Ecco cosa sono i volontari degli Angeli del Bello. Una miscela di pazienza e determinazione per la cura ed il decoro della città. Con queste parole Giorgio Moretti, presidente della Fondazione, descrive gli Angeli. Ma non serve avere la tessera per seguire quest’esempio, per dare quest’esempio. Basta il quotidiano rispetto per una città che nei secoli permane simbolo di bellezza, basta il coraggio di correggere chi, accanto a noi, ogni giorno partecipa a questa bellezza distruggendola, perché nessuno, finora, gli ha insegnato a costruirla.
Andrea Cuminatto
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