
Gli zaini sono pronti, i biglietti dell’InterRail li abbiamo, l’entusiasmo ci riempe: possiamo partire per questo viaggio che ci farà “circumnavigare” l’Italia da nord, passando dalla Slovenia alla Francia attraverso la Svizzera.
L’Intercity in 5 ore esatte ci porta da Firenze a Trieste, scelta come prima tappa perché città di confine, ricca di storia, cultura e contraddizioni. L’ideale per iniziare un viaggio di scoperta del passato e del presente insieme, per costruire un futuro consapevole.
L’accogliente B&B che abbiamo fissato per la prima notte si trova letteralmente fra i tetti della città: siamo all’ultimo piano e possiamo ammirare dalla finestra della camera tutte le tegole triestine. Un pesce rosso fa la guardia al soggiorno dalla sua boccia posta in cima alla libreria fatta da due pianali dipinti di bianco. Il proprietario, che si sveglia con la nostra chiamata alle 19.00, ci dà con fare assonnato una cartina della città in tedesco e prova a spiegarci qualcosa ma non sembra molto convinto della città in cui vive.
Arrivando di sera il primo giorno di viaggio si conclude velocemente e non c’è modo di vedere molto, ma una passeggiata sul lungomare ci fa già apprezzare questa prima tappa del nostro giro.

Il secondo giorno lo passiamo invece girando i paesini della costa slovena (vedi prossimo articolo). La seconda sera sperimentiamo la cucina locale: un’osteria con i cruciverba sulle tovagliette ci dà l’occasione di gustare squisiti piatti di pesce tipici del golfo triestino a prezzi modici, facendoci valutare positivamente questa tappa del nostro viaggio.

Dopo una notte infernale in un B&B diverso senza circolazione d’aria in camera, il terzo giorno lo sfruttiamo per visitare il capoluogo Friulano, dopo aver salutato il proprietario di questo B&B che va a giro nei corridoi bui con gli occhiali da sole per coprire un occhio pesto (li scegliamo apposta strani se non si fosse capito). Trieste è abbastanza carina e fin da subito rimaniamo colpiti dalla gentilezza delle persone e dalla disponibilità nei nostri confronti, soprattutto mentre chiediamo indicazioni per un posto o per l’altro.
Arriviamo alla cattedrale facendo tappa al castello, scendiamo la collina dal lato opposto e ci imbattiamo nel set di un film: gli addetti parlano una lingua strana, probabilmente Sloveno o Croato. Ci rendiamo tristemente conto che la famosa bora soffia d’inverno, e in questa torrida giornata d’inizio agosto non tira un filo di vento e la città è un forno. Un giro sul molo e sul canal grande e ci avviamo al tram per Villa Opicina, dove dormiremo stanotte ospitati da una coppia con il Couchsurfing. Questo vecchio tram, che si trasforma in funicolare per risalire la collina, è un’esperienza da vivere, che permette in cima di godere di un panorama mozzafiato sul golfo.
Valerio e Gloria – incinta al nono mese – ci accolgono a braccia aperte! Sono una coppia molto ospitale e ci fanno subito sentire a casa. Per cena ci fanno provare l’Osmiza: qui nel Carso, quando una famiglia ha prodotti propri (vino, olio, formaggi, salumi…) può aprire un ristorante temporaneo a casa propria. Per trovarne una seguiamo i piccoli cartelli segnalati da una frasca lungo la strada sul confine italo-sloveno. Uova sode (l’unica cosa che gli è concesso cuocere) aprono una cena a base di diversi salumi freschi, formaggi e buon vino della casa, mentre tanti racconti di viaggio fanno da contorno a questa cena originale. Un’esperienza particolare che come classici turisti non avremmo potuto vivere e che ci porta ad apprezzare ancora di più il Couchsurfing. La serata si conclude con un gelato, un cinghiale trovato in mezzo alla strada e una sosta romantica sulla collina da cui il golfo illuminato lascia senza parole, dando ai pensieri la possibilità di volare oltre confine.
Andrea Cuminatto
Foto di Eleonora Burroni
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LEGGI LA SECONDA TAPPA: Un’avventura su due binari. Tappa 2: Pirano, Isola e Capodistria (Slovenia)
3 pensieri riguardo “Un’avventura su due binari. Tappa 1: Trieste”