Da Cinecittà alla Capanna di Betlemme

Decalogo della diversitàOra mi guardo i miei capolavori, afferma sedendosi stanco sul letto e tirando fuori dall’armadio una serie di quadri, o meglio piccole tele e cartoncini dipinti senza cornice, dagli stili e i soggetti più svariati. I pantaloni militari fanno uno strano contrasto con le pantofole e l’incolta barba grigia. Dimostra più degli anni che ha, Ennio, ospite fisso della Capanna di Betlemme, dove ormai da qualche tempo vive nella memoria del passato e nella lenta ricostruzione di un futuro.

Alla Capanna, dove tutti sono diversi e tutti sanno come convivere con le loro diversità, Ennio condivide la propria esperienza con i più giovani. E’ facile trovarlo a dare consigli a Filippo su come disegnare i suoi fumetti, o a dare lezioni di vita a Luca e Max mentre insieme aggiustano le finestre o scolpiscono un tabernacolo nel legno.Filippo che disegna

Mentre li appoggia sul letto, passando la mano su ognuno dei suoi tesori come ad accarezzarli più che a togliere l’invisibile strato di polvere, svela copie di Modigliani e Picasso fatte da lui stesso, ma anche piccoli capolavori di vari artisti, spuntati fuori da chissà quale sgombero di cui si è occupato negli anni. Uno l’ho venduto a 4000€.  Questo – dice muovendo dolcemente il pollice sulla tela mentre la tiene salda fra le mani – l’ho trovato in un tavolo a cassettoni. E’ un bellissimo ritratto di un vecchio coi baffi bianchi, che porta la firma dell’artista emiliano Ferrari. Facevamo uno sgombero – continua – e stavamo caricando questo vecchio tavolo sul camion. Toccando il bordo ho detto “Questo si butta, è tutto scheggiato!”, e mentre lo dicevo mi è rimasto in mano questo. “Anvedi!”, ho fatto!

Ennio ha fatto di tutto. Ha lavorato nelle ferrovie, svuotato depositi, lavorato nel cinema. Sgomberando magazzini, chiese e locali di ogni tipo, ha portato alla luce non solo vecchie opere d’arte, ma anche cose impensabili come cassapanche piene di teschi di bambini: Dei bambini ebrei durante la guerra… oppure abortiti dalle suore… bah non l’ho mai capito… ipotizza guardando in terra.

Un cardinale una volta mia ha chiamato per capire dove potevano essere murate le cassette che in guerra gli ebrei nascondevano piene di gioielli. “Vedi che qui il cotto è diverso?” gli ho detto. “E le scritte in aramaico qui sono al contrario! Sono qui sotto!” E c’erano. Due cassettine piene di monete d’oro.

cinecittaI discorsi di Ennio sono ingarbugliati e fra una fetta di torta e una pennellata di verde alle persiane si passa dai furti alle suore agli anni trascorsi a Cinecittà. Fellini era un tirchio. Sordi invece era il più bravo: offriva sempre porchetta a tutti. A fare “SPQR” ci hanno fatto impazzire: De Sica un giorno ci ha fatto “Ma voi ve magnate sempre tutta la pizza e nun ce chiamate mai a noi”. Gli ho detto: “Senti, a noi ci pagano un milione, alle cinque siamo già qui a montare tutta la scena per voi. A te che arrivi a mezzogiorno te pagano cento milioni e va bene perché sei bravo, fai ride la gente, te rispetto, ma a te la colazione non te l’offrirò mai”.

Bastano 10 minuti a riordinare libri nel sottoscala con questo vecchio romano per scoprire segreti e altarini del mondo del cinema che le più grandi riviste di gossip solo si sognano. Soltanto chi ha passato anni saltando dai set di Tinto Brass – Cento donne nude in una volta sola ho visto io! – a quelli di Vanzina, fino a Sordi e Fellini (per citarne solo alcuni) può raccontare aneddoti che svelino la personalità di attori e registi rimasti celebri per le opere, ma non certo per il carattere. Fellini non pagava mai… Una volta al bar mi fa “paghi te?”. “No”, gli ho detto, “non c’ho spicci”. Lui va dal barista e fa “Posso farti un assegno?”. Cioè, per quattro caffè, capisci? Bah…

Andrea Cuminatto

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