Il re dei travestimenti


stampellaIl conte lo chiamano.
E osservandolo si capisce il perché. Dai lunghi capelli neri, lisci, curati, fino ai pantaloni di velluto, passando per giacca scura semicoperta dalla maglia in acetato di una vecchia tuta da ginnastica, che poggiata sulle spalle con le maniche semi avvolte attorno al collo gli fa da scialle, tutti gli accessori più stravaganti sono posizionati in maniera da dargli un’aria signorile.

Quando si alza dalla sedia accanto allo stereo, da cui la radio sembra trasmettere solo per lui ora dopo ora musica e parole, Fabio prende la stampella, che gli è necessaria per passare da una stanza all’altra. L’alcol mi ha fatto malespiega guardando con disgusto la gruccia da ospedale a cui si appoggia pendendo su un lato.

Sono stato ovunque… – racconta mentre toglie con i denti mezzo filtro alla sigaretta prima di accenderla – Udine… Sardegna… No, lo stretto di Messina c’è in Sardegna? Sono stato a Firenze, Arezzo, Bologna. Andavo a giro per rubare. Partivo la sera e tornavo alla stazione al mattino con lo zaino pieno di telefoni e altre cose. Mi piace la notte. Il giorno è monotono. Avevo l’occhio per tutte quelle signore con le borse della spesa. Sapevo già cosa potevano lasciarmi. Io però sono sempre stato onesto: i documenti li ho sempre lasciati dove
Trenopotevano ritrovarli. Una volta sono stato a Monaco in treno, ma mi hanno rimandato indietro: biglietto di sola andata Monaco-Modena col regionale. Meno male che ci eravamo forniti con vino e sigarette.

Quando parla del suo passato ha un tono nostalgico alternato al disgusto. Pare odiarlo per quanto gli ha portato, a causa dell’alcol che gli ha dato seri problemi di salute, ma allo stesso tempo vorrebbe ancora vivere l’emozione del vagabondaggio, della vita senza regole e costrizioni, del pieno senso di libertà dall’alba al tramonto. Ora è ospitato alla Capanna di Betlemme, vicino a Bologna, dove la Comunità Papa Giovanni XXIII si occupa dei senza fissa dimora.

portafoglioA Bologna mi addormentavo spesso in Piazza Maggiore – prosegue con tono sognante fra un sospiro e l’altro – sulle gradinate, con le luci. Le luci d’estate sono accese di notte e si scaldano. Mi svegliavo con quelli che pulivano al mattino presto. Una volta mi sono svegliato con una bellissima ragazza: era un gradino sopra di me, rossa, giovane, carina. Mi sono svegliato come ti svegli dopo che hai bevuto. Mi ha fatto prendere un colpo, perché ero tutto stonato. Bevo due sorsi di Tavernello, giusto per riprendermi un po’, mi fumo una sigaretta, la guardo, mi guarda, buongiorno. Avevo un giaccone di pelle di quelli tedeschi, i capelli lunghi. Non mi ricordo se rossi o neri. Ero diventato il re dei travestimenti. Andavo al supermercato con lo zaino dell’Invicta e rubavo L’Oreal e simili. Andavo alla fontanella e mi facevo il colore da solo.

Sono le persone che ha incontrato, ad aver reso indimenticabile la sua esperienza sulla strada, dai compagni d’avventura alla gente che in poche ore, in qualche minuto di dialogo, ha lasciato il segno. A Prato un giorno ho trovato una signora tutta vestita di viola. Ero in un boschetto e si avvicina questa con un cappello enorme viola. Un vestito viola. Boia ladra! Ho detto: “Speriamo che non venga da me”. Ed è venuta da me. Mi ha detto “Posso offrirle la colazione?”. Siamo andati a un bar lì vicino. Poi mi ha dato una cifra di denaro. Non l’ho più rivista. Boia ladra.

Andrea Cuminatto

 

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