Ha negli occhi l’amarezza di chi ha visto tanta, troppa sofferenza ed è consapevole della difficoltà di metter fine alla guerra. Ma il sorriso è rassicurante, come di un padre che vuole infondere speranza ai suoi figli. Mons. Antoine Audo, vescovo di Aleppo, non solo si impegna quotidianamente – in particolar modo tramite la Caritas locale – ad aiutare e difendere i più deboli ed emarginati nella sua città, ma ormai da tempo è diventato una delle poche voci che raccontano il contesto della guerra in Siria in maniera imparziale. In interviste rilasciate negli ultimi mesi non si è limitato a descrivere la situazione della sua città, ma ha avuto il coraggio di accusare Stati Uniti e Israele di finanziare lo Stato Islamico, ha avuto la temerarietà di dire le cose come stanno senza prendere una parte se non quella delle vittime innocenti di questa guerra.
Approfittando dei giorni che ha trascorso a Firenze, ho rivolto alcune domande a mons. Audo. Sulla situazione politica dice: I Paesi occidentali bombardano, dicendo di combattere lo Stato Islamico, ma lo scopo reale è vendere armi. Giocano su una guerra di religione per giustificare i loro interventi, ma la motivazione della guerra è economica. Quando parla dello “Stato islamico”, non dice ISIS, ma DAESH. E’ un acronimo ritenuto meno offensivo per i musulmani, ma allo stesso tempo più dispregiativo nei confronti del gruppo terroristico (la pronuncia araba ricorda il verbo “calpestare, mettere sotto i piedi”). Credo che d’ora in poi lo userò anch’io.

Aleppo si trova a soli 40 km dal confine turco. Il fiorentino mons. Paolo Bizzeti è vescovo del Vicariato apostolico dell’Anatolia, la regione turca che confina con la Siria. Viene naturale chiedere se fra i due vescovi, le due diocesi di Paesi confinanti in conflitto, ci siano o potrebbero nascere dei rapporti che favoriscano il processo di pace. Siamo entrambi gesuiti – spiega Audo – ma non abbiamo relazioni. La ragione è molto semplice: la Turchia è il paese che prepara i gruppi armati e li manda verso Aleppo. Fra le popolazioni cristiane dei due Paesi non ci sono rapporti, anche per un divario culturale e storico. I Siriani vedono nella Turchia un grande nemico: non hanno dimenticato il genocidio di armeni e caldei siriani, non hanno dimenticato la dominazione dell’Impero Ottomano.
Ulteriore conferma della difficile convivenza fra i due popoli è sottolineato dai diversi tipi di emigrazione. I cristiani che dalla Siria sono andati in Turchia – prosegue il vescovo – lo hanno fatto esclusivamente per arrivare in Grecia e da qui al resto d’Europa. Molti erano giovani in cerca di opportunità, di lavoro. Si parla molto del milione e mezzo di profughi siriani in Turchia: sono quasi tutti musulmani, non ci sono cristiani siriani profughi in Turchia.
Audo descrive Aleppo come una città in cui regna ormai la distruzione. A far piangere maggiormente sono le morti dei bambini, uccisi come se fosse una cosa normale, di routine, a cui non si fa più caso. E la sua battaglia quotidiana è proprio per loro, perché quelli che ancora vivono possano avere un futuro diverso dalla guerra. A dargli una grande speranza sono i progetti come quello presentato i giorni scorsi da Agata Smeralda, l’associazione per l’adozione a distanza che anche in Siria opera per dare ai bambini un’opportunità. Quest’ultima, assieme alla diocesi di Firenze, ha proprio recentemente inviato ad Aleppo 61.000€ per cibo e medicinali.
In un mondo pieno di diffidenza, tanti Italiani si chiedono se questi progetti funzionano realmente. Sì – risponde – funzionano ed hanno un grande valore. Aiutano la gente a sopravvivere, a mangiare, a curarsi e ad andare a scuola. Ci sono tanti gruppi cristiani che da anni portano avanti progetti umanitari in Siria e lo Stato apprezza davvero l’operato di queste organizzazioni. In Europa si crede che qui ci sia un cattivo rapporto fra musulmani e cristiani. Non è così: i cristiani sono apprezzati molto dai musulmani, sia dalla gente comune che dalle istituzioni, perché negli anni hanno fatto tanto per chi aveva bisogno senza guardare alla confessione religiosa, aiutando tutti allo stesso modo.
L’operato di Caritas, Agata Smeralda e di tutte le altre associazioni e organizzazioni è certamente importante, ma non rischia di essere solo una toppa in un vestito che viene forato quotidianamente? Sì, l’aiuto alle persone che soffrono è importantissimo ma non risolve la guerra. Tutto dipende ovviamente dalle decisioni prese a livello internazionale. Ma la Chiesa Cattolica ha un vantaggio: ha mezzi di informazione e, tramite le persone che operano sul territorio, può dare notizie vere su ciò che accade, può denunciare cosa succede con oggettività perché non ha interessi politici ed economici.
E chi sta in Italia, cosa può fare? Sostenere progetti come quello di Agata Smeralda ma soprattutto informarsi e informare bene. Non lasciarsi convincere dalle notizie falsate che arrivano dai grandi mezzi d’informazione e che seguono le logiche della politica internazionale. E pregare.
Andrea Cuminatto