I fiori viola di Campulung

Campulung 1La ciminiera della vecchia fabbrica chimica fa da sentinella alla città, come un tetro faro che dalla collina segnala la presenza di quella che è stata la prima capitale della Romania, e che ora è considerato poco più che un villaggio.

Andrei mi guida sicuro in sella alla sua bici, evitando le mucche che qui pascolano tranquille lungo i marciapiedi e i cani randagi che si aggirano stanchi e affamati per le strade. Di qua, saliamo fino a quel prato! Di là, in fondo alla strada, si arriva alla fattoria dei miei nonni. Ma possiamo arrivarci solo facendo la strada lunga, quella più breve è pericolosa: troppi cani che mordono.

Sul ciglio della strada due asini riposano, ancora imbrigliati al carretto. Sono gli zingari che viaggiano con i carri. Da voi in Italia non ci sono? Ha 14 anni ma parla un inglese fluente e ha gli occhi svegli e interessati, capaci di guardarsi intorno e desiderosi di imparare qualcosa sul mondo che c’è fuori dalla regione di Arges. È sinceramente stupito nell’apprendere che in Italia sia difficile trovare cani randagi per la strada e commenta con un riflessivo È molto buono. Sono pericolosi, spesso mordono la gente. Riflettendo sul perché lo Stato non si occupi del problema, si resta senza risposta appena ci si accorge che lo Stato stesso fatica ad occuparsi dei suoi cittadini, ancora in ripresa dopo il trauma del comunismo.

Gli edifici grigi, tutti identici e tutti anonimi, ricordano a chi ci vive le difficoltà del regime, in cui l’identità personale e la possibilità di esprimersi erano ridotte al minimo. Ma Andrei ha negli occhi la gioia che i suoi genitori gli hanno saputo trasmettere. Guarda all’orizzonte e non vede il grigio del cemento, ma il viola dei piccoli fiori che passo a passo si fanno strada fra le pietre colorando la collina.

Andrea Cuminatto

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