Ero in carcere e siete venuti a visitarmi

carcere pratoLa casa circondariale di Prato è piccola in confronto a tante altre carceri in cui migliaia di reclusi affollano le celle troppo piccole in cui sono relegati. Ma anche qui per i circa 750 detenuti non è facile avere un momento proprio, un anche piccolo spazio per esprimersi.

Sport, scuola, cucina sono alcune delle attività che permettono di trascorrere alcune delle altrimenti troppo monotone ore quotidiane fra le sempre identiche mura. Ma ogni sera sentire il chiavistello dell’inferriata che si chiude a due passi dalla branda fa svanire quella breve sensazione di positività che si poteva aver trovato in un’attività soddisfacente durante il giorno. La monotonia, la tristezza, l’amarezza della consapevolezza acquisita troppo tardi per le proprie azioni fanno svanire piano piano la speranza e con essa la propria dignità, la propria umanità.

C’è un momento in cui ci si può ancora sentire accettati per come si è, nonostante il proprio passato. È la messa che il cappellano, don Enzo, celebra ogni domenica nella cappella del carcere. Ognuno qui può sentirsi libero nel cuore, trovare una ragione per andare avanti e superare la prova che ogni giorno deve affrontare vivendo in questo luogo. Quando don Enzo è accompagnato da gruppi di volontari che animano la messa, la festa domenicale si realizza almeno per un’ora. Basta un canto insieme con i giovani in visita, per sentirsi comunità e ricordarsi che fuori da quei cancelli, nell’ormai lontano caos della vita cittadina, c’è chi si prende un minuto per pensare a cosa significa alzarsi ogni mattina per vivere le ore delle proprie giornate sognando la libertà.

Andrea Cuminatto

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